She Said, invece, è un film sul giornalismo, all’instancabile lavoro di due giornaliste che hanno portato alla luce la verità. Ciò che è avvenuto nel 2016, a Hollywood, ha il sapore della finzione narrativa. Quelle cose che succedono solo nei film. In questo caso in un thriller, in un giallo o direttamente in un horror. Diretto da Maria Schrader, è stato presentato alla quarantesima edizione del Torino Film Festival. Megan Twohey (Carey Mulligan) e Jodi Kantor (Zoe Kazan) sono due giornaliste d’inchiesta per il New York Times. Nell’investigare il problema degli abusi sessuali sul posto di lavoro, smascherano un intero sistema che Hollywood aveva celato per anni.
Vedere un journalist movie tutto al femminile fa un certo effetto. Due donne di talento, che non si fanno intimorire da nulla, men che meno dal potente produttore della Miramax, Harvey Weinstein. Megan e Jodi sono lavoratrici, madri e non sono al fianco di un grande uomo, hanno i riflettori tutti per loro. Investigano, prendono aerei per andare dall’altra parte del mondo pur di dare una voce a coloro che per troppo tempo hanno dovuto tacere. Tutto ciò è immerso in una narrazione dinamica, che non dà pause e tiene in pugno l’attenzione per tutta la durata del film. Non si tratta di qualcosa che è semplice raccontare, così come non è semplice stare ad ascoltare.
Il film però rispetta le vittime, dà loro un palcoscenico su cui parlare e non solo nella finzione della diegesi. Ci è possibile ascoltare delle vere registrazioni, guardare Ashley Judd mentre ci racconta ciò che le è accaduto. Così come sentire la voce di Gwyneth Paltrow. Non abbiamo bisogno di vedere Harvey Weinstein per essere impauriti: la sua aura maligna e la sua voce bastano per creare un cattivo perfetto. Perché anche nella realtà, con tutte le sue sfumature, ci sono persone cui è difficile lasciare il lusso di un giudizio sfaccettato. She Said è un film accattivante, catartico, da non perdere.
Claudia Amelia