Un film dai toni grotteschi, che mescola sapientemente il dramma alla commedia pervaso da un grande romanticismo. Opera prima di tre autori emergenti – Marie Amachoukell, Claire Burger e Samuel Theis ( Angeliqué è sua madre)-, presentato a Cannes nella sezione Un Certain regard, un buon esordio alla regia di tre autori sconosciuti.
Angélique è un entraineuse di un night club dove si guadagna da vivere intrattenendo i clienti. Nel locale spesso transita Michel che è innamorato di lei e vuole sposarla, la donna ormai sessantenne vede la possibilità di una vita normale, una vera casa, una famiglia, ma non è così facile rimettersi in gioco dopo una vita vissuta all’insegna dell’alcool, sempre immersa in una perenne festa notturna. Ma si può radicalmente cambiare in un’altra stagione della vita e mettersi totalmente in discussione? Angélique non vive la sua età, è rimasta un eterna ragazzina che vive in un mondo tutto suo dove il passare del tempo non viene contemplato. Ha una camera da adolescente piena di bambole, si veste in modo giovane, ama i braccialetti. in questo mondo da teenager, forse, un matrimonio, un impegno di vita con un uomo, non è considerato. Se in lei emerge una voglia di certezze, di una spalla a cui appoggiarsi, la sua parte infantile reclama il brivido dei locali notturni fatto di uomini diversi, di balli sfrenati dove non si pensa mai al domani. Il regista pone un interrogativo sulle seconde scelte e sulla possibilità di coglierle, ne emerge un ritratto doloroso di Angeliqué Lizenburger firmato dal figlio Samuel.
Una pellicola che va dalla finzione alla realtà tracciando un confine molto labile, una donna piena di angosce e contraddizioni che vive la vita in modo bulimico. E’ il ritratto di una madre infantile che rifiuta di crescere, i figli ormai adulti affrontano la vita e le difficoltà, lei no. La sua è una ricerca continua di spensieratezza e di un età che non c’è più. Grottesco, drammatico, ma anche romantico, una storia che lascia emozioni e fa riflettere sui compromessi della vita, da non perdere.
Adele de Blasi