Azor – Siamo in Argentina durante la dittatura, precisamente a Buenos Aires, dove un banchiere svizzero tenta di fare ammende per il socio scomparso. Nell’esordio alla regia di Andreas Fontana, due classi sociali arrivano al capolinea, anche se una riuscirà a cavarsela. Azor, in uscita su Mubi dal prossimo mese, è un thriller che sa sfruttare il tempo della narrazione beandosi della sua dilatazione. Racconta la storia di Ivan de Wiel (Fabrizio Rongione), che vedrà andare in rovina il buon nome della sua famiglia a causa di Renè Keys, ormai scomparso. Azor gira intorno ad un mistero: nei terribili momenti di una dittatura la scomparsa di un uomo non è da sottovalutare.
Eppure il gelido mondo della finanza necessita di continuare ad esistere, pur mascherando la consapevolezza che i tempi stanno cambiando. Il protagonista si muove nell’ombra del suo predecessore, colui che ha le chiavi del mistero e che ne costituisce uno egli stesso. Il film si divide in cinque capitoli, nella ricerca di un’estetica tanto complessa quanto elegante, illusoria nel dare un senso di semplicità. La narrazione circonda il nucleo dei personaggi, mantenendoli nella bolla delle loro tradizioni e cortesie. Di quello che accade nel mondo a loro esterno, non ci è dato sapere: un peccato, perché forse avrebbe aiutato la storia a prendere il volo. Azor infatti non parte mai: seppur facendo un ottimo lavoro nel disseminare elementi della storia, essi rimangono statici.
Accompagnando Ivan nel suo tentativo di riconquistare la fiducia dei clienti, lo vedremo più capace di adattarsi ai tempi. Un adattamento che può solo garantire la sopravvivenza, grazie ad un necessario cambio di “stile”. Il film, pur iniziando con un mistero, ci lascia l’amaro in bocca quando fallisce nel risolverlo, ma forse questo fa parte del gioco. È un film che parla di persone ricche che fanno quello che possono per rimanerlo e di un banchiere privato che cerca di mantenere il suo status. Un’occasione persa nella creazione di un’ambiguità che potenzialmente avrebbe potuto reggere l’intero film e che invece, tristemente, fallisce.
Claudia Amelia